martedì 22 novembre 2016

Il Destino della Villa medicea dell'Ambrogiana, dopo la chiusura dell'OPG di Montelupo. Laboratorio Partecipato Cittadino - Relazione Finale

   Il Laboratorio partecipato sul futuro della Villa Medicea dell'Ambrogiana dopo la definitiva chiusura dell'Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Montelupo Fiorentino si è riunito in tutto sei volte, dando origine ad una discussione molto aperta, plurale ed appassionata, sulle prospettive e sui possibili percorsi da intraprendere per valorizzare il Complesso mediceo una volta cessate le funzioni cui è rimasto legato per ben 130 anni: manicomio criminale prima ed Ospedale Psichiatrico Giudiziario poi.
   Il gruppo dei partecipanti al Laboratorio si è subito configurato come piuttosto eterogeneo, poiché composto da persone con esperienze professionali, sensibilità personali, culturali, politiche e sociali anche molto diverse tra di loro e con visioni, attese e "desiderata" attorno alla Villa medicea, spesso profondamente differenti. Unico tratto comune l'essere cittadini di Montelupo Fiorentino! Questa eterogeneità è risultata un elemento assolutamente positivo ed ha consentito di affrontare la questione da angolazioni diverse, smontando progressivamente stereotipi, immaginando soluzioni alternative, provando a disegnare percorsi di plausibilità in grado di generare processi virtuosi per l'intera cittadinanza di Montelupo. Questa eterogeneità ha rappresentato dunque un valore aggiunto all'interno del Laboratorio, poiché tutti - portatori ciascuno di differenze, soluzioni, posizioni - hanno accettato l'idea iniziale di giungere ad una proposta condivisa e quanto più unitaria possibile, magari perdendo alcuni punti di vista personali o modificando una propria prospettiva di riferimento.
   D'altro canto questo esercizio è alla base - o forse ne costituisce l'essenza stessa - dei metodi partecipativi: avviare un percorso partecipato, decidere di farne parte, altro non significa che accettare di essere portatori "riflessivi" di idee, disposti cioè a mitigare il proprio orizzonte di riferimento attorno ad un tema, ad una questione, capaci di lasciarsi permeare, attraversare, dal punto di vista altrui, in grado di giungere in ultimo - selezionando, limando passo dopo passo - ad una soluzione condivisa e plausibile anche se diversa da quella di partenza, da quella con cui si è entrati nel laboratorio medesimo.
   Ebbene questi incontri laboratoriali non hanno avuto la pretesa di risolvere la questione della destinazione "ultima" del Complesso mediceo, nédi esaurirne il tema, così ampio, articolato ed oneroso. Tuttavia questi incontri hanno introdotto un importante elemento di discontinuità nella discussione sulla specifica questione e, forse, anche su molte altre che riguardano la collettività e la vita del paese, confermando l'ipotesi che è possibile elaborare proposte e progetti, in maniera realmente partecipata. Quel che esce da un laboratorio come questo - gli esiti, le proposte, le prospettive che apre - deve essere allora profondamente compreso da quanti hanno la responsabilità di amministrare un paese e dev’essere posto quale elemento con cui confrontarsi apertamente e con spirito costruttivo. L'agire nell'interesse di una collettività, secondo un approccio responsabile e democratico, con l'intento di avviare processi e progetti organici e di lungo periodo, non può pertanto prescindere dall'ascolto delle istanze dei cittadini, dal confronto aperto con proposte di senso, soprattutto se originate all'interno di processi partecipati.
   Entrando nel merito di quanto emerso nel Laboratorio è possibile tracciare anzitutto una cornice di riferimento entro la quale, successivamente, inserire le proposte concrete di sviluppo individuate ed elaborate. La cornice di riferimento si basa su pochi, essenziali, punti, da ritenersi tutti di assoluto rilievo ed importanza, poiché in grado di disegnare, al di là dei singoli interventi, una prospettiva di senso e l’architettura metodologica mediante le quali procedere verso un progetto di valorizzazione. Si tratta di elementi da ritenersi come fondamentali ed irrinunciabili.
   Il progetto di valorizzazione dovrebbe anzitutto abbandonare l'idea di intervenire sulla sola Villa medicea, intesa come il complesso di strutture comprese tra le attuali mura di cinta dell'Ospedale Psichiatrico Giudiziario, ma orientarsi ad un ripensamento, una riqualificazione, dell'intera area di riferimento. Per estensione, quindi: dalla Torre sino alla fine del Viale Umberto I, passando per la Scuola Margherita Hack, costeggiando l'Arno; dalla porzione di parco circostante la Chiesa di Santa Lucia, oggi Museo Archeologico, sino alla Chiesa parrocchiale di San Quirico, Santa Lucia e San Pietro d'Alcantara; dall'Orto dei Frati, alla seconda, grande, porzione di parco lungo la ferrovia, sino alla ex fabbrica Fanciullacci.
   Questo primo asse di riferimento si collega strettamente con il secondo che vede nel progetto di valorizzazione un nuovo, potente, veicolo di sviluppo per la città di Montelupo Fiorentino, sia dal punto di vista culturale, sia dal punto di vista sociale, sia dal punto di vista economico. La riqualificazione dell'area, in sostanza, deve coincidere con una nuova, importante, fase di crescita della città. Gli interventi che potranno essere immaginati e realizzati devono allora favorire uno sviluppo di lungo periodo, evitando di cedere all'estemporaneità o a scelte di tipo transitorio, incapaci in poche parole di investire sui prossimi venticinque-trent'anni. Non è fuor di luogo pensare che quell'area, dopo un'opportuna valorizzazione e rifunzionalizzazione, divenga nuovo "motore" di sviluppo, magari dopo il tempo dell'artigianato e della piccola industria ceramica.
   Il progetto di valorizzazione diviene quindi ambizioso, ma anche entusiasmante, perché capace di gettare uno sguardo sul futuro. Il frangente storico è indubbiamente difficile, tuttavia ragionare in termini meramente economici, espone le scelte - ogni scelta - a condizionamenti, mediazioni, compromessi, decisioni al ribasso. Lungamente i partecipanti al Laboratorio hanno discusso sulla disponibilità di risorse economiche, rilevandone la generale carenza e la sostanziale incapacità per un Comune come quello di Montelupo Fiorentino, di accollarsi un "recupero" di queste dimensioni. È risultata però chiara a tutti l'esigenza di non farsi trovare impreparati nel momento della definitiva chiusura dell'Ospedale Psichiatrico Giudiziario, senza cioè un progetto plausibile e credibile da poter porre, da poter discutere nell'agone politico, da poter perorare perché semplicemente valido, bello, condiviso dalla cittadinanza.
   Le chiacchiere e la superficialità con cui si è affrontato il tema sino ad oggi preoccupano, indispongono, fanno temere che la chiusura dell'Ospedale coincida con l'abbandono della struttura e con l'avvio di un rapido processo di degrado della stessa, già oggi fortemente compromessa in molte sue parti. D'altro canto nessuno dei partecipanti al Laboratorio è disponibile a soluzioni eterodirette, portate magari da investitori privati; vincolate ad una funzione “esclusiva” (anche di tipo pubblico, come l’attuale peraltro); condizionate da cordate o opportunità politiche; elaborate da gruppi di tecnici e task force ad hoc.
   Se da un lato è nota la carenza di risorse pubbliche da poter investire, almeno nel breve periodo, è altrettanto chiaro come la valorizzazione dell'area debba essere posta sul piano politico, non solo locale, ma anche regionale, nazionale e, perché no, internazionale. Il tema delle risorse, della indisponibilità di fondi pubblici, è reale - non sfugge a nessuno - ma non deve in alcun modo travolgere la discussione sulla valorizzazione dell’area, spostandola altrove, distante dalla cittadinanza. Il tema delle risorse o l’idea che il Comune sia troppo piccolo per poter affrontare un progetto di queste proporzioni non devono divenire un alibi. Su questo il Comune di Montelupo deve poter giocare fino in fondo la propria partita, forte di una proposta plausibile, non banale, in grado di incidere sul domani della città; forte di una proposta condivisa ed elaborata con i cittadini. E’ evidente che questa partita richieda impegno, lungimiranza, capacità di agire politicamente.
   Il progetto di valorizzazione dovrebbe quindi fondarsi sulle prospettive aperte nell’ambito di percorsi partecipati cittadini. Per quanto questo terzo asse di riferimento risulti, in questa sede, pleonastico, dato che quanto viene qui riportato è il frutto di un percorso partecipato, merita di essere posto come elemento di sfondo e di assoluto rilievo, propedeutico a qualsiasi tipo di progettualità. E quanto qui si presenta rappresenta già un ricco (e condiviso) materiale con cui confrontarsi.
   La cornice di riferimento costruita nell’ambito del Laboratorio pone altri spunti. Un quarto asse prevede che il progetto di valorizzazione sia ispirato ad un principio di organicità complessiva. Gli interventi che potranno essere realizzati nell’area devono infatti trovare un comune denominatore, una variabile indipendente, per cosi dire, attorno alla quale ruotare. E’ chiaro che detta invarianza” debba configurarsi tenendo presenti l’area su cui andrà ad insistere, le strutture ed i luoghi preesistenti, gli immobili e gli spazi che potranno riaprirsi dopo la chiusura dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario. In poche parole: la realizzazione di singoli interventi o progetti, non coerenti tra di loro, non promettono quello sviluppo di lungo periodo che qui, invece, viene sottolineato e fortemente auspicato.
   Un quinto asse di riferimento concerne poi i temi, centrali, della proprietà e della fruibilità del Complesso mediceo. L’argomento è di indubbia complessità e coincide, per moltissimi aspetti, con le opportunità di un recupero e di una ristrutturazione degli immobili mediante fondi non esclusivamente pubblici, data la più volte richiamata carenza di queste risorse. Tuttavia i partecipanti al Laboratorio condividono, in maniera decisa, l’idea che la proprietà del Complesso mediceo e, ancor più, la sua fruibilità, debbano restare assolutamente pubbliche. Pochi sono gli spazi ammessi per una ridefinizione di questo principio, collegabili forse soltanto ad ipotesi di cessioni d’uso a privati di alcuni luoghi o servizi accessori alle funzioni principali individuate per l’area (e presentate più avanti) o, a forme, fortemente delimitate, di sostegno alle opere di ristrutturazione di parti del Complesso mediante risorse private.
   Allo scopo di conseguire questo tipo di esito, torna l’esigenza per il Comune di Montelupo di agire da protagonista nell’agone politico, cercando di creare sinergie, attrarre risorse pubbliche, promuovere interventi per uno sviluppo pluriennale. Da qui l’esigenza, come sottolineato più volte nel corso del Laboratorio, di mettere in campo un progetto di valorizzazione organico sviluppabile gradualmente, in coerenza anche con il progressivo liberarsi delle risorse necessarie. A molti partecipanti è piaciuta l’espressione, utilizzata anche in passato, secondo la quale appare utile procedere mediante un’aggressione morbida”.
   Infine, quale sesto asse di riferimento, è stato posto il tema del controllo e della vigilanza del progetto di valorizzazione. Gli interventi dovranno essere costantemente monitorati, anche da parte della cittadinanza, secondo forme di vigilanza, anch’esse condivise, ed in grado di controllare la regolarità degli stadi di avanzamento e della spesa. Particolare attenzione dovrà essere posta dunque sul rischio di speculazioni edilizie nelle fasi di realizzazione degli interventi e sulle forme di tutela assicurate ai lavoratori impegnati nelle diverse opere. Nessuno sviluppo di città appare possibile laddove scattino meccanismi di sfruttamento del lavoro e di speculazione!
   Data questa cornice di riferimento, nel laboratorio sono emerse anche alcune proposte concrete di sviluppo.
   Tra le varie ipotesi affrontate, una è sembrata rispondere con maggior efficacia all'esigenza di individuare una variabile indipendente attorno alla quale far ruotare gli interventi di valorizzazione dell'intera area, secondo un piano organico. La variabile indipendente (il “minimo comun denominatore” o “l'invarianza" che dir si voglia) potrebbe essere ben rappresentata dal tema della memoria o, più correttamente, delle memorie. Si tratta dell'asse ideale lungo il quale immaginare, sviluppare, un piano organico di interventi finalizzati a recuperare e valorizzare progressivamente gli spazi, i luoghi e le storie all'interno dell'area, ma anche le tradizioni, il territorio, la cultura, l'identità dell'intero paese, in un mix armonico di percorsi, attività, funzioni. Il Complesso mediceo sarebbe allora re-inglobato a tutti gli effetti nella città e quest'ultima, grazie a percorsi e funzioni diverse, attraverserebbe nuovamente quei luoghi per così tanti anni rimasti non fruibili.
   L’Itinerario delle memorie - come potrebbe essere chiamato - consentirebbe allora di unire l'intera area di riferimento, assicurando lo sfondo armonico verso il quale far tendere i singoli interventi di valorizzazione. Non si tratta di una mera operazione culturale, anzi, l’idea vuol rappresentare una traiettoria di senso lungo la quale pensare e sviluppare iniziative con ricadute concrete di tipo formativo, lavorativo, economico, turistico ed ingenerale capaci di valorizzare i luoghi ed il territorio.
   Varie possono essere dunque le traiettorie lungo le quali progettare il futuro dell’area. Solo per fare alcuni esempi le “memorie” attorno alle quali articolare interventi potrebbero riguardare: 
- l'industria ceramica ed i colorifici, passando per una riqualificazione/ridestinazione della ex fabbrica Fanciullacci, ultimo sito di archeologia industriale rimasto a Montelupo Fiorentino. Il filone è da collegarsi al Museo della ceramica, al Museo archeologico, ai siti industriali (dismessi e, in parte, riqualificati) della Colorobbia, ai luoghi della terracotta, piuttosto che alla tradizione artigiana che ha attraversato la storia del paese;
- l'arte sacra, passando per una valorizzazione della Chiesa Parrocchiale di San Quirico, Santa Lucia e San Pietro d'Alcantara (e quindi del Convento Alcantarino), dell'Orto dei Frati e delle proprie Cappelle, ma anche della Chiesa di Santa Lucia, oggi Museo archeologico, sino alle molte e pregevoliChiese presenti nel Comune di Montelupo Fiorentino, basti ricordare la Chiesa di San Lorenzo e la Chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta aSammontana, sino a raggiungere, fuori comune, la Chiesa di Sant'Ippolito. Un “sistema” di strutture peraltro ricchissimo di opere d'arte;
- le grandi dinastie dei Medici e dei Lorena di Toscana, passando per la Villa medesima, valorizzandone non solo i luoghi, ma la storia e le tracce di queste importanti casate e dei loro più celebri rappresentanti;
- la cultura del vetro, passando per le ex vetrerie oggi dismesse della zona (Vetreria Bardi, ex Etruria), valorizzando il Borgo della Torre, con la suatradizione fiascaia, l'Arno e la Torre De' Frescobaldi;
- i fiumi, passando dunque per l'Arno e per la Pesa: Montelupo "è" i suoi fiumi! Sembra essere giunto il tempo per una rinascita di questi due fiumi, per una valorizzazione non banale di questi corsi d'acqua e di quanto di verde e di urbanizzato li accompagna, li circonda: il Mulino dell’Elmi; le pescaie; i ponti; la passeggiata lungo la Pesa; le piste ciclabili; i parchi dell’Ambrogiana; l'approdo della Villa medicea al fiume Arno. Il tratto dell'Arno che affianca la Villa  addirittura potrebbe essere reso navigabile, immaginando un percorso ludico o ludico-culturale capace di interessare anche i segmenti di parco adiacenti, oppure un percorso sportivo, magari in collegamento con il canottaggio (oltre che con la tradizione cantieristica) di Limite sull’Arno;
- il carcere e l'Ospedale Psichiatrico Giudiziario. La Villa Medicea ha assolto per 130 anni a funzioni detentive e di internamento, raccogliendo migliaia di storie che meritano di essere raccontate, valorizzate. L'identità del paese affonda le proprie radici anche in questa lunga ed importante esperienza, fatta di centinaia e centinaia di lavoratori che vi hanno prestato servizio e che si sono stabiliti sul territorio;
- i luoghi della psichiatria. Non è fuor di luogo immaginare che tra le memorie da valorizzare trovi spazio anche il tema della psichiatria e delle riforme, profondissime, che in Italia l'hanno attraversata. Il Manicomio criminale di Montelupo Fiorentino può dunque, a ragione, essere compreso, quale luogo tra i più importanti a livello nazionale, nelle sue luci e nelle sue ombre;
- il parco e l'arte, passando per la realizzazione di mostre d’arte all’aperto e di installazioni temporanee nei vari segmenti del parco circostante la Villao presso i giardini interni una volta aperti e resi fruibili. Montelupo è indissolubilmente legato all'arte e all'artigianato: gli artisti, da Baccio in poi, maggiori e minori, famosi e meno famosi, importanti per l’arte ceramica o meno, devono simbolicamente essere "celebrati" attraverso iniziative cittadine organicamente programmate e luoghi deputati, rifuggendo dal rischio di esporre opere d'arte senza un piano urbano ed un progetto artistico che abbia un senso ed una ragionevolezza.
   Le memorie da valorizzare possono essere molte, in questo contesto vengono poste quale elemento di discrimine, di possibile scelta, ma anche quale elemento di senso capace di rendere organico e di lungo periodo un progetto ambizioso di valorizzazione del Complesso mediceo e dell'area sulla quale questo trova collocazione. E' chiaro che ciascuna memoria, ciascuna proposta, deve trovare adeguata progettazione, deve essere tradotta e declinata concretamente, secondo una gradualità ed una progressività che aiutino anche a rintracciare le necessarie risorse.
   Il laboratorio partecipato ha costituito un momento di confronto e di riflessione importante, delineando una cornice di riferimento ed una serie di proposte di sviluppo plausibili che attendono certamente di essere accolte in un confronto più largo. Quanto qui riportato rappresenta la prima proposta concreta di sviluppo, una proposta che trova il suo primo punto di forza nella partecipazione della cittadinanza.
   Dati gli elementi, centrali, sin qui esposti, i partecipanti al Laboratorio ritengono infine essenziale dar vita a quattro specifiche azioni:
a) avviare un confronto su queste proposte con le istituzioni coinvolte nel processo di valorizzazione del Complesso mediceo, proseguendo un lavoro partecipato con la cittadinanza, prima ancora di attivare gruppi tecnici e/o di esperti finalizzati alla valutazione e progettazione degli interventi;
b) attivare un percorso di valutazione circa l'ipotesi di "trattenere" nelle ex scuderie (oggi sezioni detentive totalmente ristrutturate) un piccolo presidio di persone in area penale (25-35), a bassissima pericolosità sociale, fortemente coinvolte in percorsi di reinserimento sociale esterni. Oltre a non cancellare una tradizione di oltre un secolo, il mantenimento di un presidio di tipo penitenziario (fortemente ripensato nei numeri, nelle forme detentive e nelle strategie e metodologie di reinserimento, sino quasi a farlo divenire un “centro qualificato di reinserimento”) avrebbe il pregio di mantenere posti di lavoro, di presidiare un periodo di latenza in cui la Villa potrebbe andare incontro ad un rapido degrado, di coinvolgere in lavori di manutenzione ordinaria persone svantaggiate. La presenza di questo presidio potrebbe essere legata anche al solo periodo necessario per il completamento dei lavoro necessari al pieno riutilizzo della Villa medicea;
c) attivare una serie di concorsi di idee rivolti a giovani architetti, ingegneri, tecnici, per la progettazione di interventi di valorizzazione, a partire dalle proposte qui emerse e da quelle che potranno emergere in possibili e successivi laboratori cittadini;
d) porre, tra le primissime iniziative da realizzare dopo la definitiva chiusura dell'Ospedale Psichiatrico Giudiziario, l’abbattimento della cinta muraria, il ripristino e l’apertura (in sicurezza) dei giardini interni alla Villa, collegando così tutti i parchi cittadini esistenti nell’area; la valorizzazione con attività coordinate e di senso, dei giardini interni e dei parchi; il ripristino del Grottino e dell'accesso all’Arno.
   A partire da questa esperienza, i partecipanti hanno concordato di dar vita ad un nuovo Laboratorio partecipato cittadino con finalità più ampie e permanenti, centrato sull’assetto urbano della città. 

Montelupo Fiorentino  04 novembre 2016 

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